Come l’occhio del pipistrello alla luce del giorno, così è per il nostro occhio intellettuale di fronte a quelle verità che per loro natura sono le più ovvie.
Aristotele
La sentenza data da Aristotele di fronte alla difficoltà umana di decifrare la realtà esterna pare, a uno sguardo interessato di chi non è scientificamente competente (l’utente, come siamo noi soci dell’Anvel), abbastanza appropriata nel caso della stagnazione e della crisi attuale del settore automotive. E’ chiaro innanzitutto che ciò è diretta conseguenza delle prospettive delineate dalla transizione ecologica.
La transizione ecologica infatti ha posto diversi problemi con la fine preannunciata per il settore auto e moto dell’uso dei motori a combustione interna e il passaggio ai motori elettrici dal 2035. Per risolvere questi problemi infatti si dovrebbero affrontare alcuni ostacoli che paiono nel breve periodo non facilmente sormontabili. Cerchiamo di enumerarli:
1) la necessità per i privati di far fronte ad una forte spesa per l’acquisto di nuovi autoveicoli elettrici, accettando di rottamare la loro cara “vecchia”auto;
2) la necessità da parte dell’industria nazionale di dotarsi di una quantità di litio per le batterie dei veicoli non facilmente reperibile a basso costo;
3) la necessità da parte dei gestori e produttori elettrici nazionali di aumentare la capacità della rete elettrica per far fronte alle ricariche che devono essere sempre più veloci;
4) il conseguente dilemma dei governi nazionali di destinare una parte del bilancio pubblico ad incentivi per l’acquisto dei nuovi mezzi, senza i quali il settore da solo non decollerebbe;
5) la necessità di ridurre l’inquinamento nelle aree urbane e nelle zone a traffico limitato, fortemente richiesto dai loro residenti, e non solo.
Tutta questa situazione, in una fase necessariamente transitoria, ma che potrebbe durare diversi anni, risente fortemente della incertezza sul futuro del settore, dei produttori auto e della conseguente indecisione dei consumatori.
Sarebbe infatti necessario, in questo periodo di transizione, indirizzare la produzione auto verso scelte produttive, assai complesse, tese a:
1) ridurre la prevedibile spesa per i consumatori per l’acquisto di nuove auto ecologiche;
2) ridurre la prevedibile quantità di litio necessaria ai produttori;
3) ridurre il prevedibile sovraccarico della rete elettrica e la installazione di colonnine per la ricarica;
4) ridurre l’impegno finanziario dello Stato per le agevolazioni durante la fase transitoria;
5) ridurre l’inquinamento da smog e acustico delle aree urbane e in generale.
Molti e grandi i problemi da risolvere.
Tuttavia, se prestiamo attenzione ad Aristotele ( e così farà il settore auto, probabilmente) una soluzione transitoria appare tutto sommato possibile e digeribile, anche per i sostenitori dell’elettrico intelligente (come la nostra associazione, crediamo).
Plug-in questo (mis)sconosciuto
Si chiama auto plug-in, come non molti sanno e lo ripetiamo, l’automobile dotata di un motore termico, di un piccolo elettrico e di una batteria che le consente di percorrere i primi circa 50 chilometri in modalità completamente elettrica per passare poi, una volta esaurita la batteria principale, alla modalità ibrida (che in percorso urbano ha consumi dell’ordine di 20 km con un litro, molto inferiori (anche per particolato) alle auto non ibride. È un’auto che va ricaricata di notte.
Le auto plug-in sono molto costose, e sono già presenti sul mercato, ma il consumatore per ora non le ha privilegiate nella scelta (anche se costano comunque meno di una corrispondente automobile completamente elettrica).
Ora, però, l’incentivazione di questa motorizzazione apparirebbe (allo stato attuale della produzione del litio cinese ecc.) la più conveniente. Infatti, risulterebbe – ma noi non siamo tecnici – che l’80 per cento degli spostamenti in auto avvengono in aree urbane per tratte inferiori ai 50 chilometri. Ciò significa – se fosse vero – che tutti gli spostamenti brevi in aree urbane potrebbero avvenire per lo più in modalità elettrica. Cioè – se tutti si dotassero di veicoli plug-in – si potrebbe ridurre l’inquinamento da autoveicoli nelle aree urbane di una misura prossima all’80 per cento (ivi compreso l’inquinamento acustico).
In pratica, si realizzerebbe la sostanziale elettrificazione delle città pur senza ricorrere alle auto completamente elettriche, ma solo con auto plug-in.
Se aggiungiamo che il restante 20 per cento potrebbe essere fornito con motore termico ibrido alimentato con carburante di origine vegetale, e che questo carburante vegetale potrebbe essere prodotto o trasformato in gran parte in Italia (occorrerebbe infatti molto meno carburante vegetale rispetto a quello necessario per sopperire a quello che consumiamo attualmente), il cerchio a favore della motorizzazione plug-in si chiuderebbe.
La politica però se ne dovrebbe accorgere e incentivare da subito questo particolare settore auto (e non solo per l’acquisto di auto nuove, che qui di seguito illustriamo).
E adesso passiamo al caso del povero affezionato proprietario di un’auto euro 0, 1, 2 o 3, ed anche 4 e 5. L’auto, custodita gelosamente, è ancora nuova. Dopo anni di retorica contro gli sprechi il proprietario si rifiuta di buttare la propria auto conservata come nuova. Sa quanto inquinamento si produrrebbe. Ma forse un indirizzo maggiormente ecologico sarebbe possibile anche per lui.
Sarebbe possibile infatti la trasformazione con kit ecologico (al pari di quanto fatto con gli impianti gpl) delle attuali automobili in auto ibride plug-in con alimentazione mista elettrico-benzina/gasolio (con carburante di origine vegetale al 30%, come è già largamente in commercio: HVO Eni). Il kit elettrico troverebbe posto nel vano della ruota di scorta.
Il kit infatti può (non usiamo il “potrebbe” perchè questi sistemi sono già disponibili) essere formato da una piccola batteria al litio (con la potenza di un decimo di una batteria della corrispondente auto elettrica, per potenza e peso) e da un piccolo motore elettrico da applicare alla trazione. L’auto – qualsiasi auto – percorrerebbe quindi circa 50 km in modalità completamente elettrica per passare poi a una modalità ibrida. E’ possibile e appare conveniente, a noi utenti della strada.
Vediamo allora dunque, rispetto ai quattro problemi elencati sopra, in che modo questa soluzione potrebbe dare teoricamente delle risposte:
1) la spesa per i consumatori proprietari di auto termiche per dotarsi di kit elettrico si ridurrebbe a 3-4.000 euro e agli acquirenti di auto plug-in nuove di 3-4.000 euro rispetto alle auto elettriche (lo Stato potrebbe accollarsi gli interessi bancari di una lunga dilazione di pagamento, per venire incontro ai cittadini);
2) la quantità di litio necessaria ai produttori si ridurrebbe a 1/10 rispetto all’ipotesi di produrre auto totalmente elettriche;
3) non vi sarebbe sovraccarico della rete elettrica, in quanto le auto plug-in possono (anzi dovrebbero) essere ricaricate lentamente durante la notte (non è necessaria la carica veloce) anche in box e senza aumentare la capacità della rete elettrica, assorbendo tali sistemi durante la carica notturna una energia compatibile con la rete elettrica esistente.
4) l’inquinamento da autoveicoli nelle aree urbane verrebbe abbattuto di una quota significativa, certamente prossima al 50 per cento.
La scelta plug-in appare insomma plausibile.
Infine per le moto, e per i ciclomotori in particolare, la soluzione elettrica pura appare invece già percorribile senza grandi problemi. La batteria del ciclomotore si stacca, la si porta a casa e la si ricarica durante la notte. E di giorno tali motorizzazioni darebbero sollievo alle povere orecchie dei cittadini.
Crediamo che alla fine il settore auto seguirà inevitabilmente questa strada, ma per la nostra industria potrebbe essere troppo tardi. Speriamo ovviamente di no.
Andrea De Girolamo, Anvel